La mattina del 7 agosto del 1974
Philippe Petit cammina su un cavo teso fra le due torri del World Trade Center.
Attorno a questa strabiliante impresa si srotolano le vite e le esistenze di
una manciata di newyorchesi: un missionario che porta la parola di Dio fra le
prostitute, tra cui Tillie e Jazzlyn, madre e figlia che dividono il marciapiede; un’artista
in cerca di redenzione; Claire e Gloria, donne così diverse ma accomunate dalla
perdita dei figli; un tecnico della Silicon Valley che segue al telefono le
imprese del funambolo.
È l’estate del Watergate, del
Vietnam e di grandi cambiamenti quella descritta in maniera sublime da McCann.
I suoi sono personaggi in cerca di amore e di speranza in una New York grigia, sporca
e corrosa dal senso di colpa, schiava delle contraddizioni. È la New York dei
reduci di guerra, delle puttane, dei tossici e degli spacciatori. Non comprate
questo libro se cercate la Grande Mela di Sex and the City.
Sono vite dannate e misere, vite
comunque dignitose, in equilibrio sul filo di un rasoio come Philippe Petit che
in quella torrida mattina catturò tutto e tutti e per un attimo non ci fu più
il sangue, le bombe, l’eroina. È l’equilibrio costruito da McCann che si
dimostra di essere meravigliosamente capace di intrecciare storie e vite
diverse, di mischiare bene e male in momenti di puro lirismo e poesia. Come era
poetica la figura nera di Philippe Petit, sospeso su quel cavo, quella mattina
del 7 agosto del 1974.
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