Dan, Joe e Parker, ragazza del
primo, decidono di trascorrere un weekend sulla neve sulle montagne del
Massachusetts. Giunta sera, i tre riescono a corrompere l’addetto al
funzionamento della seggiovia per un’ultima discesa. Quest’ultimo però costretto ad allontanarsi,
viene sostituito da un collega che, non informato della presenza dei tre giovani,
stacca la corrente all’impianto. È l’ultima giornata del weekend; le piste
riapriranno cinque giorni dopo. Per i tre ragazzi cala la notte e la paura.
Frozen (attenzione, non
confondete con il film Disney) si inserisce a pieno titolo in quel filone del
genere thriller-horror in cui il protagonista o i protagonisti si trovano in
una situazione che li blocca da cui cercheranno di uscire in ogni modo. Buried –
Sepolto, che sicuramente è il più celebre, ma anche 127 ore, Open Water e i più
recenti Paradise Beach – Dentro l’incubo e Mine sfruttano tutti la stessa
struttura narrativa.
Frozen ha il pregio di sviscerare
la paura e l’orrore scaturiti da situazioni e azioni comuni, come quella di
prendere una seggiovia in un weekend con gli sci e lo snowboard e soprattutto
evidenzia come sulla normale quotidianità e sui comuni sentimenti d’amicizia e
amore che legano i protagonisti prevale sempre un fortissimo istinto di
sopravvivenza che porterà i protagonisti a destini diversi.
Frozen è un film intelligente,
che sfrutta i pochi mezzi messi a disposizione del regista Adam Green, evitando
inutili tecnicismi e virtuosismi di sceneggiatura. È un film che farà passare
la voglia di divertirsi sulla neve e a metà novembre, forse, non è troppo
consigliato.
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