lunedì 13 marzo 2017

Film - Miles Ahead (2015) di Don Cheadle



Miles Davis è stato uno dei musicisti più influenti e innovativi del Novecento. Non è questo il luogo adatto a spiegare quale sia stata la sua importanza nello sviluppo del genere jazz e nella sua evoluzione in cool jazz, jazz-rock e hard bop. Quello che c’è da capire è che stiamo parlando di una figura oggettivamente geniale.
Bene, Miles Davis tra il 1944 e il 1991 ha pubblicato più di 50 album. Con i live la sua discografia supera le 100 pubblicazioni. Tra il 1975 e il 1980, però, Davis vive un periodo di appannamento. Si ritira dalle scene e smette di comporre musica, di esercitarsi e di suonare per il pubblico. Piomba in una situazione fatta di isolamento e di dipendenza dalla cocaina.
Miles Ahead, scritto, diretto e interpretato da Don Cheadle è ambientato alla fine di questo periodo di silenzio e si concentra su due giorni in cui Miles Davis viene avvicinato da un giornalista di Rolling Stone (Ewan McGregor) che, nel tentativo di ottenere uno scoop dal musicista, lo trascinerà in una miriade di guai.
L’idea di entrare in un punto preciso della vita di un’icona per tentare di raccontarne il prima e il dopo era rischiosa, e solo un grande regista, appoggiato da un ottimo sceneggiatore, avrebbe potuto ottenere un risultato almeno accettabile. Don Cheadle, alla sua prima prova dietro la macchina da presa, purtroppo fallisce l’ambizioso tentativo. Fallisce perché riduce la vita di Miles Davis a una serie di tragicomiche avventure degne di un poliziesco con Chris Rock; fallisce perché non riesce a costruire un collegamento tra la musica di Miles Davis e l’uomo. Todd Haynes, in Io non sono qui, aveva costruito sei Bob Dylan diversi per dare uno sguardo completo sulla persona e sull’opera; Clint Eastwood, in Bird, si è preso tre ore piene per raccontare la storia di Charlie Parker. Cheadle invece, vuoi per mancanza di fondi o di idee, riduce il suo Miles Ahead a 100 minuti in cui ad essere evidenziati sono solamente i lati bui di Davis: la tossicodipendenza, l’eterna lotta con la propria casa discografica, il difficile rapporto con la moglie Frances Taylor. Miles Ahead prova a dire tutto, ma alla fine non dice nulla e ha, come unico pregio, quello liberare il jazz dagli stereotipati locali fumosi e salotti borghesi che il cinema aveva reso luoghi di reclusione di un genere musicale che ha nella sua radice un senso di improvvisazione e furia espressiva. Doti che sono mancate al simpatico Don Cheadle.

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