venerdì 12 maggio 2017

Film - Mississippi Grind (2015) di Ryan Fleck e Anna Boden



Gerry (Ben Mendelsohn) è uno sfortunato giocatore di poker in gravi condizioni economiche, che in qualche modo riesce a convincere il giocatore più giovane Curtis (Ryan Reynolds) a unirsi a lui in un viaggio attraverso Iowa, Mississippi, Arkansas e Tennessee. I due cercheranno in tutti i modi di recuperare i soldi persi in passato e di migliorare le proprie vite.
In quanto a soggetto, Mississippi Grind non si distingue certo per fantasia. Il giocatore di poker talentuoso e dall’animo puro, ma perseguitato dai fantasmi della sfortuna non è una novità nel cinema americano (Si può citare solo per fare un esempio Le regole del gioco di Curtis Hanson). Mississippi Grind, scritto e diretto dalla coppia formata da Ryan Fleck e Anna Boden riesce comunque a risultare un film godibile spostando l’attenzione dal gioco d’azzardo (fatto di poker, blackjack, dadi, roulette e scommesse alle corse dei cavalli) all’ambientazione e soprattutto allo spessore dei personaggi. Scorci di Memphis, di Little Rock e soprattutto di New Orleans, con il suo Quartiere Francese e le balconate in ghisa, accompagnano i protagonisti che si barcamenano tra un’avventura e l’altra come richiesto dalle regole del road movie classico. Mississippi Grind racconta soprattutto la storia di Gerry, uomo onesto che ha fallito come marito, come padre e come giocatore. Tramite ambientazioni e colonna sonora (in questo il film ricorda molto Black Snake Moan), Mississippi Grind mette in luce l’altra faccia della medaglia del classico american dream che molto spesso il cinema di Hollywood si diverte a creare e poi smontare. Gerry infatti, volenteroso di riscatto, si perde in un’incontrollabile dipendenza dal gioco. Una grave ludopatia che lo tiene ancorato sul fondo del baratro senza dargli via di scampo.
L’amarezza del suo volto, accompagnata dall’ironia dello scanzonato compagno di viaggio Curtis ricordano (e non poco) il Paul Giamatti e il Thomas Haden Church di Sideways – In viaggio con Jack, film del 2007 di Alexander Payne, regista che della commedia drammatica capace di rappresentare i vizi della società contemporanea ne ha fatto un marchio di fabbrica. Mississippi Grind appartiene a questo universo filmico: come una ballata di Hank Williams o Woody Guthrie, La pellicola racconta la vita di personaggi da provincia americana, uniti e animati da speranza e solidarietà.

martedì 9 maggio 2017

Film - Nocturama (2016) di Bertrand Bonello



Parigi, giorni nostri. Un gruppo di giovani si muove in maniera rapida e precisa tra la metropolitana e le strade della città. Tra di loro non ci sono dialoghi, ma l’intesa è evidente: si scambiano borse, pacchetti, messaggi cifrati via telefono. Il loro piano è quello di spargere bombe in vari punti della città e portare il terrore nelle case delle persone. Dopo un’elaborata pianificazione e preparazione, l’attentato riesce e mentre in città il panico dilaga, i ragazzi confluiscono in un grande magazzino. Durante la notte di attesa dentro il centro commerciale il piacere e l’esaltazione per la missione riuscita si trasformeranno in un’inesorabile paura di morire.
Nocturama è un film 2016 diretto da Bertrand Bonello ed è spaventosamente attuale per la storia che racconta. Una Parigi messa in ginocchio da bombe ed esplosioni non può non richiamare i tristi eventi del Bataclan del novembre del 2015. Il film di Bonello però vuole fuggire da questo tipo di lettura, tutto sommato facile: i giovani attentatori, in uno dei pochissimi dialoghi del film, giustificano le proprie azioni come l’unica soluzione che può uccidere la civiltà occidentale e capitalista, colpevole di annichilire e di alienare l’essere umano. Non c’è dunque alcun intento di denuncia del degrado delle banlieue parigine e francesi, della forma di ghettizzazione a cui sono costretti gli immigrati. Bonello piuttosto cerca di non politicizzare la violenza che mette in scena. Una violenza che nasce da una forte situazione di disagio e da una forma di paranoia, psicosi che si impossessa dei protagonisti che in tutti i modi vogliono mettere in ginocchio la società consumista.  
Non a caso i ragazzi si ritrovano in un grande magazzino: il centro commerciale,  luogo che riduce le persone in corpi senz’anima spinti solo da un alienante imperativo consumistico, in Nocturama è lo scenario in cui si palesa il vuoto dei ragazzi. Un vuoto e una mancanza che vengono colmati proprio da ciò che gli attentatori volevano contestare. Nella snervante attesa, infatti, i ragazzi si ritrovano, in maniera inconsapevole e innocente a intrattenersi con la merce esposta sugli scaffali e nelle vetrine. Secondo Bonello, insomma, la società è infetta, malata e, pur essendone consapevole, l’uomo non può liberarla dalle catene della macchina consumista.

sabato 6 maggio 2017

Top 7 - I migliori romanzi sulla Prima Repubblica



L’espressione Prima Repubblica si è sviluppata nel mondo giornalistico per indicare il sistema politico della Repubblica Italiana vigente dal 1948 al 1994, ossia dall’entrata in vigore della Costituzione fino al radicale mutamento partitico dovuto anche e soprattutto all’inchiesta di Mani Pulite. La politica di questo periodo fu caratterizzata e orchestrata dai tre partiti che combatterono il fascismo durante la Resistenza: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano, il Partito Socialista Italiano.
Ebbene, di questi primi tre fu soprattutto la DC a governare il Paese in questo mezzo secolo breve. Al di là della storia politica, tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta, l’intero Paese (di pari passo al resto del mondo occidentale) conobbe eccezionali mutamenti economici, sociali e culturali. Non è questo il luogo per fare una lezione di storia, ma basta citare avvenimenti come il miracolo economico, il Sessantotto, la strategia della tensione, gli anni di piombo, le stragi, la mafia e gli anni Ottanta per capire come il nostro Paese abbia attraversato momenti tutt’altro che tranquilli. Il cinema e la tv, con ottimi risultati, è riuscita, sia in operazioni di mimetica costruzione storica, sia di mixaggio fra realtà e fantasia, a far rivivere al pubblico quegli anni. Anche la narrativa ha fatto lo stesso.
Ecco dunque che con questa lista vogliamo citare quei romanzi (quindi anche opere di fantasia) che aiutano anche il lettore più inesperto a ricostruire e a capire il nostro recentissimo passato.
7 – Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia.  Bari, anni Ottanta. Il denaro corre veloce per le vene del Paese. I tre adolescenti che si aggirano per le strade di questo libro hanno in corpo una sana rabbia, avvelenata dal benessere e dalla nuova smania dei padri. Si azzuffano e si attraggono come gatti selvatici, facendo di ogni cosa - la musica, le ragazze, le giornate - un contorto esercizio di combattimento. Ma negli angoli dei quartieri periferici li aspetta il lato in ombra di quel tempo che luccica: qualcosa che li costringerà a mettere in discussione le loro famiglie, i loro sentimenti, e perfino se stessi. Ci metteranno vent'anni per venirne a capo. Riportando tutto a casa racconta l’altro lato della medaglia degli anni Ottanta; tutto quello che l’allegria, la leggerezza, i sorrisi e i corpi nudi delle tv private hanno sempre cercato di coprire. Un libro che scava nel profondo.
6 – Il passato davanti a noi di Bruno Arpaia. In un paese alla periferia di Napoli, negli anni '70, un gruppo di ragazzi vive l'ultima grande stagione degli ideali e delle lotte politiche, fa i conti con una realtà difficile, minacciata dalla criminalità organizzata, e nel frattempo affronta il suo particolare percorso di formazione, che passa attraverso gli amori, le tensioni familiari, le vacanze vissute all'avventura e termina con il fallimento degli stessi ideali da cui aveva preso le mosse. Le scelte dei protagonisti sono state, a partire da quel punto, le più diverse: e adesso c'è chi vive una vita del tutto normale, con moglie e figli, e chi invece si trova a fare i conti con il proprio passato di militanza armata. Sono un po’ i temi di quel capolavoro che è La meglio gioventù. Consigliato.
5 – Nelle mani giuste di Giancarlo De Cataldo. La vicenda narrata in Nelle mani giuste si svolge tra il 1992 e il 1993 e si snoda tra l'inchiesta Mani Pulite e la fine della cosiddetta Prima Repubblica, focalizzando l'attenzione sulle stragi del continente. Giancarlo De Cataldo si muove con eccezionale maestria in territori finora inesplorati dalla narrativa italiana. I suoi corrotti personaggi ci aiutano a rivivere un periodo che porta avanti ancora troppi punti oscuri.
4 – Confine di Stato di Simone Sarasso. Erano sbirri corrotti, traditori della Repubblica, politici con le mani sporche di sangue, spacciatori irlandesi in affari con Cosa Nostra, ragazzi in nero pronti a tutto. Tra il 1954 e il 1972 questa gente teneva in pugno il paese. Senza di loro la Storia italiana sarebbe tutta un'altra storia. Da Milano a Roma, da Cuba a New York, un viaggio nero e amaro alle radici di un'Italia senza eroi. La storia di un paese dilaniato dalle stragi, fatto a pezzi dalle guerre di partito, cresciuto nel sangue. Il romanzo di Sarasso, ispirato da James Ellroy e dalla letteratura pulp d’oltreoceano ha il merito di stabilire un punto d’inizio nel complottismo legato alle stragi di Stato: il delitto di Wilma Montesi nel 1953 sulla spiaggia di Torvaianica. L’omicidio, tutt’ora irrisolto, scandalizzò l’opinione pubblica e coinvolse nelle inchieste anche esponenti democristiani.
3 – Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo. I protagonisti sono una banda di giovani delinquenti che decide di conquistare Roma, e diventa un esercito quasi invincibile. Politica, servizi segreti, giudici onesti, poliziotti e il più grande bordello della Capitale in un romanzo basato su una minuziosa documentazione. Romanzo criminale è la fantasiosa (romanzata, appunto) storia della Banda della Magliana, associazione criminale operante nel Lazio e non solo dal 1975 (e tutt’ora in attività). Prima della serie tv e del film, Romanzo criminale è un libro che spiega gli intrighi di potere del nostro Paese e gli intrecci fra politica, servizi segreti e criminalità. Un cult assoluto.
2 – Il senso della lotta di Nicola Ravera Rafele. Tommaso ha trentasette anni, un contratto a tempo nella redazione romana del Corriere della Sera, una fidanzata esigente, e una zia, Diana, della consistenza di una quercia, che l'ha cresciuto da quando, nel 1983, suo padre l'ha lasciato davanti a casa, prima di scomparire nel nulla. I suoi genitori, Michele Musso e Alice Rosato, da quelle poche informazioni che ha, sono morti in un incidente, ed erano terroristi. A trentasette anni Tommaso è riuscito a costruirsi una vita normale, a non pensare più al suo tormentato passato. Ma quando una mattina il respiro gli s'ingolfa, e un dottore, diagnosticandogli un attacco di panico, gli chiede se sia figlio di quel Michele Musso, che lui ha incontrato a Grenoble nell'84, qualcosa si rompe, come uno strappo in una rete. Perché quella data fa tanto rumore? Il senso della lotta mette in discussione l’intero decennio Settanta e lo fa con una precisione mortifera. Una riflessione limpida su un’intera generazione. Affresco grandioso.
1 – La legge dell’odio di Alberto Garlini. Per il ventenne Stefano Guerra la violenza è bellezza e l'odio una legge nuovissima e antica. C'erano anche lui e i suoi camerati a combattere contro la polizia in un lontano giorno del 1968, in Italia, a Roma, a Valle Giulia. Da quel giorno la vita del giovanissimo neofascista coincide con l'illusione della rivoluzione e l'asservimento reale a ogni potere, fino alla strage. E mentre prosegue il suo percorso di carnefice, sempre più disilluso, intorno a lui si snoda quella che è la storia segreta delle trame nere in Italia negli anni dal 1969 al 1972. Alberto Garlini è uno specialista nei romanzi che toccano il recentissimo passato del nostro Paese. La legge dell’odio si incunea con brutalità dentro gli ambienti di estrema destra dell’epoca. Un romanzo mastodontico che in particolare racconta una cosa: l’odio. Splendido.

Film - Fuga da Reuma Park (2016) di Aldo, Giovanni e Giacomo, Morgan Bertacca



Milano, trent’anni nel futuro. Il vecchio Aldo viene portato dai figli (Ficarra e Picone) a Reuma Park, un luna park abbandonato e riadattato come ospizio. Nella casa di riposo, molto simile a un carcere di sicurezza, Aldo incontra Giovanni e Giacomo, suoi compagni di una vita. I tre, con qualche acciacco dovuto all’età ma comunque arzilli, decideranno di lanciarsi in una nuova avventura: fuggire da Reuma Park.
Aldo, Giovanni e Giacomo con Fuga da Reuma Park festeggiano i 25 anni di sodalizio. Il film non è altro che la celebrazione dei personaggi e degli sketch che hanno reso grandi i comici milanesi. Ci Sono Tafazzi, Rolando, Nico il sardo, Pdor, figlio di Kmer, gli Svizzeri… insomma non manca nessuno. Sono questi personaggi, ormai mitologici, che animano il Reuma Park, un surreale ospizio al neon ricavato da un luna park dismesso. È in questo coloratissimo scenario che Aldo, Giovanni e Giacomo costruiscono un sofisticato e articolato discorso metacinematografico: gli anziani Aldo, Giovanni e Giacomo sono personaggi del film, ma anche attori, uomini in carne e ossa che parlano al pubblico rompendo la quarta parete. Il trio conosce la sua audience, propone battute che lo spettatore conosce già, rompe l’inganno del cinema, svela il trucco. È una scelta azzeccata quella del trio, perché la loro festa per i 25 anni di attività è anche e soprattutto un modo per ringraziare un folta schiera di fedelissimi che da sempre li segue al cinema, in tv, dal vivo e sui social.
Fuga da Reuma Park, nonostante sia stato realizzato all’interno di una serie di festeggiamenti per una carriera di successi, ha anche le sembianze tristi di un congedo. La carriera di Aldo, Giovanni e Giacomo può essere spaccata in due: se i successi di pubblico per tutti i loro spettacoli e film sono stati costanti, almeno da Anplagghed in poi si è registrato un oggettivo calo qualitativo. Il cosmo sul comò, La banda dei Babbi Natale e Il ricco, il povero e il maggiordomo perdono sempre nello spontaneo paragone che si fa con le pellicole precedenti (va detto, delle proprie pietre miliari). Con Fuga da Reuma Park si nota la consapevolezza del trio della propria incapacità a rinnovarsi. Il film che celebra i 25 anni di carriera finisce col riproporre solo i personaggi del periodo d’oro e glissa totalmente sulla seconda parte. Sembra insomma un film di resa; un riconoscere con maturità e serenità il proprio calo inesorabile. Noi speriamo di sbagliarci.

venerdì 5 maggio 2017

Film - Guardians (2017) di Sarik Andreasyan



Durante la Guerra Fredda, il governo russo diede vita al progetto Patriot, una squadra speciale composta da superuomini provenienti dalle diverse repubbliche dell’Unione Sovietica. Alla fine della guerra, i membri del team hanno dovuto iniziare a vivere in latitanza nascondendo la propria identità. Quasi trent’anni dopo però, la Russia si trova di fronte a una grossa minaccia e solo i super eroi del vecchio progetto Patriot sono in grado si salvare il Paese.
Oggigiorno, il genere cinematografico che va per la maggiore, sia per numero di film prodotti, sia per risultati al botteghino è quello dedicato ai supereroi di derivazione fumettistica. I progetti a lungo termine di Marvel e Dc Comics hanno conquistato le sale di tutto il mondo, contagiando anche le filmografie e le industrie nazionali. Il bel Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, è un perfetto esempio di adattamento di un genere straniero al mercato del suo Paese, al suo territorio e alla sua cultura. La Tor Bella Monaca del film colpisce lo spettatore italiano alla pari (se non di più) dei sobborghi di New York di Spider-Man. Guardians (il cui titolo originale è il più esotico Zashchitniki) è un film di supereroi russo, diretto da Sarik Andreasyan, regista già noto negli Stati Uniti per aver diretto American Heist nel 2014, film con Adrien Brody e Hayden Christensen.
Mentre Jeeg Robot si allontanava dai blockbuster americani con l’intenzione di conferire una corposa dose di italianità a ciò che mostrava e raccontava, Guardians cerca in tutti i modi di imitare e ricalcare il cinema della Marvel. Il pubblico occidentale, che al cinema ha sempre visto la Guerra Fredda in modo unilaterale (i cattivi sono sempre i russi) con Guardians poteva scoprire l’altro lato della medaglia. Invece, il film di Andreasyan non prova nemmeno a stravolgere il passato, a fornire un’altra chiave di lettura, un altro risvolto. In sostanza, cultura storia russa non vengono toccate, vengono saltate a piè pari. Il regista punta tutto sugli effetti speciali e sul rispetto degli stilemi del genere: c’è una prima fase in cui vengono mostrati i poteri dei vari protagonisti, una fase in cui entra in scena il cattivo, il combattimento finale. Guardians tecnicamente si dimostra un film corretto, ma fallisce proprio nella storia che racconta; una vicenda banalissima che annoia lo spettatore abituato ormai a ben altro. L’errore di non distaccarsi dai kolossal americani è imperdonabile. Il film finisce per ricordare, e non poco, un b-movie in stile Asylum, una pellicola adatta a fanatici del trash e a una triste distribuzione direct-to-video. Peccato.