domenica 8 ottobre 2017

Libro - Il Brady di Jacques Thorens



Al numero 39 di boulevard de Strasbourg, nel 10e arrondissement di Parigi, c’è un piccolo cinema d’essai, il Brady. Inaugurato negli anni Cinquanta, il Brady è stato il punto di riferimento per i cultori del cinema di serie B (ma anche C, D… e Z) fino al 2011, anno in cui il proprietario Jean-Pierre Mocky, regista prolifico (Imdb conta 81 regie!) e scheggia impazzita all’interno dell’industria cinematografica francese, ne cedette la proprietà.
Jacques Thorens, che dal 2000 al 2003 al Brady ci ha lavorato come proiezionista, ha voluto scrivere la storia di questa fantomatica sala e soprattutto le curiose vicende della variopinta fauna che vi orbitava attorno. Ne è uscito uno splendido libro, Il Brady per l’appunto, portato in Italia dalla traduzione di Marco Lapenna per L’Orma Editore.
Scrivendo le proprie memorie, Thorens ha realizzato un piccolo trattato che fonde storia del cinema, sociologia e antropologia. Citando film dai titoli improbabili come I corpi presentano tracce di violenza carnale, Con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo o I 12 colpi segreti del kung fu di Bruce Lee l’invincibile (in cui ovviamente di Bruce Lee non c’era traccia), lo scrittore ricostruisce e riporta alla luce ciò che è stato il cinema di genere europeo e asiatico, praticamente scomparso dagli anni Ottanta in poi. Splatter, spaghetti western, nazierotici, decamerotici, gialli all’italiana, sono i generi che si alternavano in improbabili doppi spettacoli (due film al prezzo di uno) al Brady fino a pochissimi anni fa.  Pellicole che con il loro ostentato cattivo gusto, i grossolani effetti speciali, la violenza gratuita e i corpi nudi mischiavano cultura alta e cultura bassa contribuendo a formare nel tempo un’articolata sottocultura cinematografica, che al Brady era fatta di aficionados, mendicanti, senzatetto, ladruncoli dal cuore tenero, prostitute e extracomunitari, ma anche omosessuali, esibizionisti e guardoni. La storia del Brady è insomma la storia di un’intera fetta di cinema, magari meno nobile, che in questa scalcagnata sala di Parigi trova collocazione e valorizzazione. Una curiosa cinefilia contemporanea, però, che in breve tempo è costretta a uscire dalle sale, locali ormai in balia della gentrificazione che ne ha portato alla chiusura e alla sostituzione con le multisale più adatte a famigliole meno appassionate e in cerca di semplice svago per i figli, e ha trovato riparo in asettiche community online, luoghi senza colore in cui gli utenti si scambiano informazioni senza darsi un volto.

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