L’investitore di successo Davis
Mitchell (Jake Gyllenhaal) perde la moglie in un incidente stradale. In
ospedale, incapace di elaborare la notizia, prende una merendina che rimane
incastrata nel distributore. A causa di quest’intoppo, Davis inizia a scrivere
una serie di lettere di reclamo dirette alla ditta proprietaria del
distributore. Karen (Naomi Watts), l’impiegata addetta alla customer care, rimanendo colpita dalla
profondità delle lettere, contatterà Davis e, assieme al figlio Chris, ridarà
una ragione di vita all’uomo.
L’elaborazione del lutto come
rielaborazione emotiva dei significati, dei vissuti e dei processi sociali
legati alla perdita della persona con la quale si era sviluppato un legame
continua a essere un archetipo principe per qualsiasi regista voglia cimentarsi
nella rappresentazione di un dramma.
Demolition – Amare e vivere vuole essere esattamente questo: la vicenda
di un cinico uomo che si scopre incapace di provare dolore o sentimento alcuno
per la perdita, ma che comunque sprofonda in una forma autodistruttiva di
depressione. Jake Gyllenhaal è il lui di una coppia tutt’altro che perfetta,
protagonista di un viaggio di riabilitazione confezionatogli su misura dal
regista.
È una pellicola che paga la sua
frenetica voglia di suscitare emozione, di spingere il pubblico alla lacrima.
Creando un personaggio cinico, insolente e insensibile al dolore, però, Vallée
ottiene fallisce nell’ottenere quell’empatia necessari da parte del pubblico e
il tracciato scritto per il suo protagonista si rivela essere un percorso
troppo didascalico.
Se vuoi risalire devi prima
toccare il fondo e se vuoi conoscere
veramente come sono fatte le cose devi prima smontarle pezzo per pezzo: pare
questo il messaggio che il regista voglia far passare; una demolizione fisica
necessaria per la ricostruzione fisica degli ambienti e psico-fisica del
protagonista che deve riscoprire il bello della vita. Già visto troppe volte.
Demolition
è, insomma, un sincero inno alla vita, un grido alla speranza e alla felicità,
uno slogan sicuramente positivo, lanciatoci però dal Gyllenhaal più antipatico
degli ultimi anni.