Pete è uno studente di biologia
della fauna selvatica. Tramite il programma dell’Idaho Fish & Game, Pete
ottiene un posto come guardiano di due milioni e mezzo di uova di salmone nel
selvaggio Selway-Bitterroot, tra l’Idaho e il Montana. Il lavoro però non è
così semplice: per sette mesi Pete dovrà stare da solo sulle Montagne Rocciose,
in una tenda a sessanta chilometri dalla prima strada e a quasi cento dalle
prime case.
In Indian Creek Pete Fromm ha raccontato con immensa sincerità il suo lungo
inverno sulle Montagne Rocciose, alla fine degli anni Settanta. Pete, all’epoca
poco più che ventenne è la personificazione di quella forma di incompletezza
che prende i giovani di tutto il mondo e che gli spinge verso cambiamenti
radicali. Indian Creek, è soprattutto
questo: un diario scritto in prima persona che racconta il processo di
formazione e di trasformazione dello scrittore protagonista. Non siamo di
fronte a un romanzo per gli amanti dell’escursionismo e dell’avventura estrema;
o meglio non solo.
Indian Creek racconta dell’importanza delle scelte che l’età
che avanza porta l’individuo a fare, narra l’evoluzione interiore e spirituale dell’essere
umano. Pete Fromm, in ogni parola, si approccia al racconto con l’innocente
umiltà propria del fanciullo. Non insegna al lettore come ci si comporta al
freddo rigido o di fronte a un animale selvatico. Indian Creek non è un manuale per giovani marmotte o un lungo e
lento filosofeggiare che cerca di spiegare come gira il mondo. Fromm libera fin
da subito una purissima forma di incoscienza e inesperienza che permettono l’immediata
immedesimazione del lettore. Centinaia di saggi e reportage hanno raccontato le
più eroiche e coraggiose imprese dell’uomo, ma in pochi l’hanno fatto con la
morbidezza di Fromm, capace di meravigliarsi di fronte alle novità e alle
difficoltà poste dalla natura, ma anche in grado di rimboccarsi le maniche fino
a trovare armonia e pace nella solitudine. È proprio la solitudine, quella
componente che permette di cogliere il genio e la scelleratezza dell’uomo, sfaccettature
di una società (occidentale) che, per una forma di limite mai superato o
disinteresse, non è riuscita a corrompere quella natura che Fromm ha conosciuto
nello sperduto Montana e che ha portato
fino a noi.
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