Alla morte di John Fitzgerald
Kennedy, nel 1963, Lyndon B. Johnson presta giuramento e diventa presidente
degli Stati Uniti, con l’obiettivo di concludere il mandato del suo
predecessore. A 11 mesi dalle elezioni Johnson si trova ad affrontare il
problema dei diritti civili e l’inizio dei combattimenti in Vietnam,
progettando nel frattempo di ricandidarsi alle elezioni del 1964.
A parte i costosi kolossal
imburrati di virtuosistici effetti speciali, c’è un tipo di cinema sconosciuto
(eccezioni a parte) all’ambiente italiano e che appartiene quasi totalmente ai
canoni hollywoodiani. È il cinema politico storico e biografico, mezzo eccezionale
di ricostruzione, rivisitazione e soprattutto di riflessione sul passato e, non
di meno, sul presente. All the Way, film della HBO è esattamente questo e
garantisce finalmente un ruolo da protagonista al presidente Lyndon B. Johnson,
figura di comparsa in diversi recentissimi film come Selma – La strada per la
libertà, Jackie, J. Edgar e Parkland.
Il popolo americano è
probabilmente il più patriottico nel panorama occidentale, eppure il suo cinema
ha la capacità di bastonare i suoi personaggi chiave sempre evidenziando i
piccoli difetti e le debolezze; Oliver Stone ne sa qualcosa. Il presidente
Johnson, Martin Luther King e J. Edgar Hoover sono rappresentati in tutta la
loro umanità fatta di gelosie, interessi e valori, sempre determinati, questi,
da una mera battaglia relazionale in cui ognuno vuole emergere e prevalere.
In All the Way, film per la tv
senza alcuna pretesa artistica, oltre all’impeccabilità della ricostruzione
storica, emerge proprio l’opportunismo dell’uomo, leva su cui bisognerebbe
appoggiarsi per riflettere sulle condizioni del nostro vituperato presente.