È il 1969 e gli Stati Uniti sono
in guerra in Vietnam. Il tenente dei marines Waino Mellas riceve il suo primo
incarico al confine tra Vietnam e Laos. In un ambiente ostile, fatto di paludi,
sanguisughe e piogge monsoniche, Mellas e i suoi uomini lottano ogni giorno contro
il nemico invisibile, le tigri e la fame, cercando di non farsi travolgere dalla
rabbia e dalla follia della guerra.
Matterhorn,
nome di una base strategica su un’altura vicino al confine con il Laos, è anche
il titolo di questo romanzo, scritto da Karl Marlantes e pubblicato nel 2010
dopo un travaglio di quasi quarant’anni.
Così come Il nudo e il morto di Norman Mailer, Matterhorn si distingue per non essere il frutto di accurate
ricerche e anni di interviste: Marlantes nel 1969, anno in cui la vicenda è
ambientata, ha 24 anni. Da quasi un anno è in Vietnam a combattere, strappato
alla sua promettente carriera lavorativa. In Vietnam vede di tutto: la morte,
il sangue; tutta la pazzia che l’uomo può raggiungere.
Rientrato decide che la miglior
terapia per ritornare con il corpo, ma soprattutto con la mente alla vita reale
è scrivere e far sapere a tutti ciò che ha visto e ciò che ha fatto. Matterhorn è il voluminoso romanzo di
più di 700 pagine, frutto del suo lavoro.
Matterhorn
è un romanzo tremendamente crudo; un’analisi profonda della psiche umana
sconvolta dalla costante paura di morire, che attraversa tutti i personaggi del
libro. In un ambiente tanto ostile la convivenza fra i militari, tutti
tremendamente giovani, è resa ancora più difficile dallo scoppio dell’odio
razziale all’interno delle truppe. L’aria di cambiamento che gli Stati Uniti
stava vivendo all’interno dei propri confini con icone come Martin Luther King
e Malcolm X e organizzazioni come le Pantere Nere, viene traslata in Vietnam,
dove però bianchi e neri sono costretti a una convivenza forzata che spesso sfocia
in violenza. Con assoluta sincerità (e forse proprio per questo) il romanzo di
Marlantes, che è stato rifiutato da svariati editori per quasi 40 anni, porta
alla luce il fenomeno del fragging,
una situazione di intolleranza interna all’esercito che sfociava in azioni contro
elementi delle proprie truppe.
Sono pagine di vibrante realismo,
quelle scritte da Marlantes, capaci di raccontare la facilità con cui si può
perdere la vita e l’insensatezza del conflitto in Vietnam (ma come anche in
Afghanistan, Iraq…). Non c’è spazio per l’esaltazione dell’esercito, per la
bandiera americana, per l’amore della patria. La tipica retorica che la
letteratura e la cinematografia di guerra hanno cercato di inglobare è assente
in questa bruciante testimonianza; probabilmente una delle migliori per capire
davvero cosa significa mollare la quotidianità e imbracciare un fucile.