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giovedì 15 giugno 2017

Film - T2 Trainspotting (2017) di Danny Boyle



A vent’anni dalla fuga, Mark Renton (Ewan McGregor) torna a Leith, quartieraccio di Edimburgo per ritrovare i vecchi amici a cui aveva sottratto 16.000 sterline: Begbie (Robert Carlyle) è in carcere e medita l’evasione, Spud (Ewen Bremner) è ancora in preda a una feroce tossicodipendenza e pensa al suicidio,  Sick Boy (Jonny Lee Miller) gestisce un pub, coltiva marijuana e estorce denaro alle persone insieme a Veronika (Anjela Nedjalkova), sua compagna. E mentre Begbie vorrebbe uccidere Renton, Sick Boy propone all’amico che 20 anni prima li aveva traditi, di mettere in piedi un bordello di lusso.
T2 Trainspotting è il sequel del cult del 1996 di Danny Boyle. L’universo in cui si muovono Renton, Sick Boy e tutti gli altri è stato creato dallo scrittore Irvine Welsh, che oltre a Trainspotting (1993) ha scritto il prequel Skagboys (2012), il sequel Porno (2002) e una sorta di spin-off dedicato a Begbie intitolato L’artista del coltello (2016).
È bene fare questa precisazione perché T2 non è la riproposizione cinematografica di Porno,  ma è un film che prende altre strade slegandosi dall’universo letterario di Welsh, comunque presente in T2 nel parte del criminale Mikey Forrester (ruolo già suo nel film del 1996).
T2 è un film che riparte da 20 anni fa. È una pellicola ampiamente intrisa di nostalgia; una nostalgia semplice, rimpianto malinconico di quanto è trascorso. Boyle accenna appena un richiamo al passato come strumento di riflessione sulla condizione presente. Il regista preferisce giocare sulle sequenze più celebri del film del 1996, dare importanza alla colonna sonora (la lisergica Born Slippy degli Underworld è distorta in remix e utilizzata come vero e proprio leit motiv) e sfidare lo spettatore con un gioco di citazioni e rimandi. C’è molta coerenza con il primo film, una coerenza però solamente formale. Renton, Begbie, Spud e Sick Boy hanno vent’anni in più, ma questo non si nota: il collegamento fra i due film, a livello contenutistico, è inesistente. C’è troppa distanza, uno spazio reso incolmabile dalla debolezza di T2. Se Trainspotting prendeva a cannonate la società britannica degli anni Novanta rivoluzionando il modo di fare un certo cinema di denuncia tipicamente inglese, il sequel risulta piuttosto debole, scarico: siamo in presenza di una, comunque ottima e godibile, commedia a tinte pulp, un film di puro intrattenimento in cui l’odio, il lercio e la putrefazione del primo film sono sostituiti da colori brillanti, parchi giochi dall’erba curatissima e da negozi dalle insegne sfavillanti, simbolo di un consumismo che il primo film aveva fatto a pezzi.