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sabato 18 marzo 2017

Film - Space Cowboys (2000) di Clint Eastwood



Un vecchio satellite russo è fuori controllo e rischia di cadere sulla Terra. Dato che nessuno è in grado di fronteggiare una tecnologia così antiquata, la Nasa si rivolge all’anziano Frank Corvin (Clint Eastwood), originariamente a capo del progetto Dedalus sciolto negli anni Cinquanta. Frank, desideroso di tornare nello spazio, ricostituisce il suo team dell’epoca. Il suo vecchio e odiato capo Bob Gerson (James Cromwell), responsabile della missione, non ha però nessuna intenzione di spedire gli arzilli pensionati in orbita. La strategia è infatti quella di sfruttare le loro conoscenze per preparare una squadra di giovani reclute. Ovviamente non tutto andrà come previsto e Frank e i suoi saranno costretti a partire.
Prima di rivisitare la storia recente del suo Paese, prima di rileggere la guerra in Iraq, quella in Corea e i conflitti mondiali, Clint Eastwood era un regista votato all’action, amante del western e figliastro di Don Siegel e Sergio Leone. Con Space Cowboys, film a metà fra l’azione e la fantascienza, il vecchio Clint continua un percorso tutto personale all’interno dei generi e dei miti che hanno reso grande Hollywood.
Space Cowboys è la classica corsa contro il tempo in cui la guerra generazionale fra giovani forti, atletici ma inesperti, e anziani acciaccati ma svegli viene vinta da quest’ultimi che riescono a sbrogliare la matassa e a riscuotere la tenerezza del pubblico. In Space Cowboys è tutto perfettamente allineato ai canoni del cinema classico: c’è la frontiera, rappresentata non più dal selvaggio west, ma dallo spazio, c’è un cattivo da affrontare, un satellite scassato ovviamente russo, e ci sono i buoni, personaggi tutti d’un pezzo a cui Eastwood ha tolto i cavalli e i cinturoni e li ha sostituiti con le tute spaziali.
Insomma, Eastwood non riscrive i generi del cinema. Non è un Tarantino che ruba, mescola e ricrea: al contrario, semplicemente si diverte a rievocare i miti di un passato nostalgico in un cinema sicuramente di qualità (anche perché i fondi e i mezzi utilizzati sono notevoli), mirando, e riuscendo a ottenere, soprattutto l’intrattenimento del suo pubblico.

mercoledì 23 novembre 2016

Film - Sully (2016) di Clint Eastwood



Il 15 gennaio del 2009 il volo di linea Airways 1549 è costretto ad un ammaraggio di emergenza nelle acque del fiume Hudson, in piena New York. Grazie all’abilità e al sangue freddo del capitano dell’aereo, l’esperto Chesley “Sully” Sullenberger, tutti i 155 passeggeri riescono a sopravvivere. Ritenuto un eroe per l’opinione pubblica, Sully si troverà costretto a rispondere della propria manovra davanti al National Transportation Safety Board, che ne metterà in discussione l’ultraquarantennale carriera.
Raccontando l’epopea di Sully, Clint Eastwood continua il suo percorso all’interno della storia e della cultura americana, iniziato almeno trent’anni fa con Gunny e proseguito soprattutto negli ultimi anni con Flags of Our Fathers e American Sniper.
Il patriottismo viscerale di Eastwood, l’amore incondizionato provato verso la propria nazione esplode in Sully, film costruito attorno alla psiche del suo protagonista, interpretato da un immenso Tom Hanks. Il suo Sully è il tipico uomo americano, capace di svolgere in modo perfetto il proprio lavoro, vero patriota e individuo attaccato a valori sacri per la sua nazione. Sully incarna quel fattore umano che vince contro la macchina, l’esperienza e il sangue freddo che trionfano sulle simulazioni e sui calcoli matematici. È l’uomo qualunque che non vuole combattere il sistema, ma semplicemente vedere legittimate le proprie azioni contrapponendo alle regole la propria onestà morale.
Sully è un individuo che fugge dall’etichetta di eroe perché non si ritiene un mito come viene disegnato da un sistema mediatico in continuo fermento, ma un semplice lavoratore che lotta e lotterà per mantenere il proprio posto e i propri diritti, come fanno miliardi di lavoratori ogni giorno, eroi (questi sì) silenziosi di questo mondo.