Le sorelle Kate e Lisa sono in
vacanza in Messico. Ma mentre Kate cerca di divertirsi e rilassarsi, Lisa è
turbata dalla separazione col fidanzato. Nel tentativo di distrarla, Kate la
porta dunque in un locale dove fanno la conoscenza di due ragazzi messicani che
propongono loro un’immersione in mare all’interno di una gabbia metallica per
osservare da vicino gli squali. Le ragazze accettano, ma quello che doveva
essere un pomeriggio di divertimento e adrenalina si trasformerà in vero incubo
quando la gabbia precipiterà sul fondo del mare a 47 metri di profondità.
Dopo aver visto squali assassini,
squali geneticamente modificati, squali d’acciaio, squali robot, squali esorcisti
e tornadi di squali, risulta francamente complicato trovare una giusta
collocazione per questo 47 metri,
diretto e co-scritto dal Johannes Roberts. Siamo nel vasto territorio del b-movie, in cui non ha senso scomodare
Spielberg e Joe Dante per avventati giudizi critici. L’unico carattere di
originalità di 47 metri sta nell’essere
ambientato per la quasi intera durata sott’acqua. Le fluide riprese seguono lo strisciare
dei mostri marini e il nuotare delle impaurite protagoniste. È un’ambientazione
che però stufa presto e che non riesce a catturare come quei film alla Buried – sepolto (di cui fanno parte,
tra gli altri, Mine, Open Water e il recente shark movie con Blake Lively, Paradise Beach), in cui i personaggi
rimanevano imprigionati in un ambiente ristretto in una situazione di elevato
pericolo.
47 metri
manca di vero e proprio pathos, rimanendo scontato dall’inizio alla fine,
rinunciando a una reale costruzione psicologica dei personaggi (il rapporto fra
le sorelle, ad esempio, non è per nulla sviluppato) e sfrutta alcuni escamotage
e twist narrativi che sfiorano il
ridicolo.
Il film non raggiunge l’obiettivo
a cui dovrebbe mirare: portare lo spettatore a staccare la spina per l’ora e
mezza di durata. Non esiste suspense, non c’è quell’ironia che rende godibile
un film di categoria inferiore. C’è solo una dose massiccia di serietà; un
volere dimostrare a tutti i costi di essere un prodotto di qualità, o almeno un
concorrente di un qualsiasi blockbuster.
Ovviamente è una sfida persa in partenza e alla fine l’unica spina che lo
spettatore staccherà sarà quella della tv o del lettore blu-ray.
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