Al numero 39 di boulevard de
Strasbourg, nel 10e arrondissement di Parigi, c’è un piccolo cinema d’essai, il
Brady. Inaugurato negli anni Cinquanta, il Brady è stato il punto di
riferimento per i cultori del cinema di serie B (ma anche C, D… e Z) fino al
2011, anno in cui il proprietario Jean-Pierre Mocky, regista prolifico (Imdb
conta 81 regie!) e scheggia impazzita all’interno dell’industria
cinematografica francese, ne cedette la proprietà.
Jacques Thorens, che dal 2000 al
2003 al Brady ci ha lavorato come proiezionista, ha voluto scrivere la storia
di questa fantomatica sala e soprattutto le curiose vicende della variopinta
fauna che vi orbitava attorno. Ne è uscito uno splendido libro, Il Brady per l’appunto, portato in
Italia dalla traduzione di Marco Lapenna per L’Orma Editore.
Scrivendo le proprie memorie,
Thorens ha realizzato un piccolo trattato che fonde storia del cinema,
sociologia e antropologia. Citando film dai titoli improbabili come I corpi presentano tracce di violenza
carnale, Con una mano ti rompo con
due piedi ti spezzo o I 12 colpi
segreti del kung fu di Bruce Lee l’invincibile (in cui ovviamente di Bruce
Lee non c’era traccia), lo scrittore ricostruisce e riporta alla luce ciò che è
stato il cinema di genere europeo e asiatico, praticamente scomparso dagli anni
Ottanta in poi. Splatter, spaghetti western, nazierotici, decamerotici, gialli
all’italiana, sono i generi che si alternavano in improbabili doppi spettacoli
(due film al prezzo di uno) al Brady fino a pochissimi anni fa. Pellicole che con il loro ostentato cattivo
gusto, i grossolani effetti speciali, la violenza gratuita e i corpi nudi mischiavano
cultura alta e cultura bassa contribuendo a formare nel tempo un’articolata
sottocultura cinematografica, che al Brady era fatta di aficionados, mendicanti, senzatetto, ladruncoli dal cuore tenero,
prostitute e extracomunitari, ma anche omosessuali, esibizionisti e guardoni.
La storia del Brady è insomma la storia di un’intera fetta di cinema, magari
meno nobile, che in questa scalcagnata sala di Parigi trova collocazione e
valorizzazione. Una curiosa cinefilia contemporanea, però, che in breve tempo è
costretta a uscire dalle sale, locali ormai in balia della gentrificazione che
ne ha portato alla chiusura e alla sostituzione con le multisale più adatte a
famigliole meno appassionate e in cerca di semplice svago per i figli, e ha
trovato riparo in asettiche community online, luoghi senza colore in cui gli
utenti si scambiano informazioni senza darsi un volto.