Il racconto di Davide che
sconfigge Golia contenuto nel primo libro di Samuele è uno dei passaggi biblici
più trasposti e metaforizzati nella cultura pop dell’ultimo mezzo secolo.
Trasformata in favola, film e fumetto, la storia del giovane pastore Davide che
sconfigge il gigante guerriero Golia salvando l’esercito di Saul contiene tutti
quegli elementi e quei valori che lo sport, a qualsiasi livello, cerca di trasmettere.
E più volte le gesta di atleti divenuti poi leggendari hanno saputo essere più
appassionanti e più emozionanti di una sceneggiatura studiata a tavolino da professionisti
di Hollywood. La Nazionale di Bearzot del 1982 che batte il Brasile di
Socrates; l’Italia del basket che all’Olimpiade di Atene del 2004 strapazza la
Lituania dei giganti conquistando finale e medaglia (sarà un bellissimo
argento); Roberta Vinci che agli US Open sconfigge in rimonta la padrona di
casa e favoritissima Serena Williams, lanciata verso il grande Slam, e si
regala una finale storica con l’amica Flavia Pennetta. Potremmo continuare per
ore in un elenco infinito, soprattutto perché ogni nazione ha i suoi eroi, le
sue storie da raccontare.
Enrico Franceschini, giornalista
e scrittore, da molti anni corrispondente estero per le maggiori testate
italiane, con Vinca il peggiore. La più
bella partita di basket della mia vita, ha scelto una storia sconosciuta ai
più (lo era anche per chi sta scrivendo) per raccontare la bellezza e la magia
di un Davide che sconfigge Golia.
New York, 1985. In un primo d’aprile
che promette neve, un ragazzotto arrivato dall’Italia in cerca di fortuna entra
in un bar per vedere la finale del campionato universitario di basket. A
separare il titolo dalla favoritissima Georgetown University c’è un gruppo di studenti
della Villanova University, un piccolo college cattolico della Pennsylvania. Da
una parte ci sono i migliori giovani del Paese, destinati a trasformare il
basket in una professione, dall’altra un gruppo di ragazzi allenati da un
italo-americano, tale Rollie Massimino, artefice della crescita sportiva e
umana dei suoi giocatori.
Franceschini è una voce del
basket che si è formata nell’epoca di Aldo Giordani, l’uomo che negli anni
Settanta cercò di rompere l’egemonia del calcio in Italia, portando alla
Domenica Sportiva una rubrica sul basket. Flavio Tranquillo e Federico Buffa,
tanto per fare due nomi, hanno iniziato a muoversi sotto la sua ala. Questo per
dire che, come Tranquillo e Buffa, Franceschini non solo ne capisce, ma è anche
e soprattutto narratore capace di emozionare anche il lettore che col basket
non ha nulla da spartire. Scegliendo di raccontare una storia americana (già, anche
gli americani per qualche volta sono stati Davide e non Golia; la finale di hockey
maschile delle olimpiadi invernali del 1980 ne è un esempio), il giornalista
trasporta lo scrittore in uno scenario conosciuto il più delle volte solo
attraverso uno schermo. Vinca il peggiore
è un viaggio nel tempo e nello spazio. E fanno bene all’animo storie di questo
tipo, perché sono la benzina che alimenta milioni di sportivi la cui medaglia d’oro
può essere una maratona corsa sotto le quattro ore (quattro ore!) o la vittoria
di una campionato di terza categoria. Sono storie che scaldano l’esistenza di
chi vuole divertirsi per evadere e per dimenticare che il lunedì mattina
bisognerà comunque timbrare il cartellino.