Il 15 gennaio del 2009 il volo di
linea Airways 1549 è costretto ad un ammaraggio di emergenza nelle acque del
fiume Hudson, in piena New York. Grazie all’abilità e al sangue freddo del
capitano dell’aereo, l’esperto Chesley “Sully” Sullenberger, tutti i 155
passeggeri riescono a sopravvivere. Ritenuto un eroe per l’opinione pubblica,
Sully si troverà costretto a rispondere della propria manovra davanti al
National Transportation Safety Board, che ne metterà in discussione l’ultraquarantennale
carriera.
Raccontando l’epopea di Sully,
Clint Eastwood continua il suo percorso all’interno della storia e della
cultura americana, iniziato almeno trent’anni fa con Gunny e proseguito
soprattutto negli ultimi anni con Flags of Our Fathers e American Sniper.
Il patriottismo viscerale di
Eastwood, l’amore incondizionato provato verso la propria nazione esplode in
Sully, film costruito attorno alla psiche del suo protagonista, interpretato da
un immenso Tom Hanks. Il suo Sully è il tipico uomo americano, capace di
svolgere in modo perfetto il proprio lavoro, vero patriota e individuo
attaccato a valori sacri per la sua nazione. Sully incarna quel fattore umano
che vince contro la macchina, l’esperienza e il sangue freddo che trionfano
sulle simulazioni e sui calcoli matematici. È l’uomo qualunque che non vuole
combattere il sistema, ma semplicemente vedere legittimate le proprie azioni
contrapponendo alle regole la propria onestà morale.
Sully è un individuo che fugge
dall’etichetta di eroe perché non si ritiene un mito come viene disegnato da un
sistema mediatico in continuo fermento, ma un semplice lavoratore che lotta e lotterà
per mantenere il proprio posto e i propri diritti, come fanno miliardi di lavoratori
ogni giorno, eroi (questi sì) silenziosi di questo mondo.