È il 1964. Dopo l’entrata nel
gruppo come batterista di Guy Patterson
(Tom Everett Scott), i The Wonders scalano le classifiche americane con il
brano That Thing You Do, attirando gli interessi delle case discografiche. Ad
occuparsi di loro ci pensa Mr. White (Tom Hanks), agente di un’etichetta che porterà
gli amatoriali Wonders a successi
repentini e strabilianti, ma anche a un rapido declino.
Primo film da regista per Tom
Hanks che riproduce alla perfezione lo scenario della musica pop statunitense
degli anni Sessanta. Music Graffiti è una fedele ricostruzione del mondo
musicale di quell’epoca fatta di classifiche settimanali, canzonette pop, tournée
estenuanti e contratti restringenti. Un’epoca dominata da gruppi e artisti
capaci di raggiungere il successo con un singolo e poi sparire per sempre,
schiacciata dai meccanismi dello star system musicale dell’epoca. È il fenomeno
delle One-hit Wonders, a cui il film fa il verso fin dal nome della band.
Tom Hanks , anche sceneggiatore
della pellicola, riesce a trattenersi dal premere l’acceleratore sugli elementi
nostalgici che avrebbero reso il film un semplice biopic sulle imprese di un
gruppo musicale (per quanto fittizio), ma preferisce inoltrarsi in meccanismi in grado di ragionare sul
successo e sulla natura effimera della celebrità. Music Graffiti, quindi, è
come un vero e proprio smascheramento del mondo musicale, troppo spesso
inserito in discorsi artistici, ma che il più delle volte si muove e ragiona
come una vera industria modellata e guidata dalle logiche del mercato e da una
meritocrazia sempre più sfuggente. I Wonders degli anni Sessanta sono ciò che
oggi producono i talent televisivi; giovani star usa e getta, della durata di
una stagione televisiva, cestinate e sostituite dopo essere state spremute come
agrumi dal sapore il più delle volte sgradevole.