Miles Davis è stato uno dei
musicisti più influenti e innovativi del Novecento. Non è questo il luogo
adatto a spiegare quale sia stata la sua importanza nello sviluppo del genere
jazz e nella sua evoluzione in cool jazz, jazz-rock e hard bop. Quello che c’è
da capire è che stiamo parlando di una figura oggettivamente geniale.
Bene, Miles Davis tra il 1944 e
il 1991 ha pubblicato più di 50 album. Con i live la sua discografia supera le
100 pubblicazioni. Tra il 1975 e il 1980, però, Davis vive un periodo di
appannamento. Si ritira dalle scene e smette di comporre musica, di esercitarsi
e di suonare per il pubblico. Piomba in una situazione fatta di isolamento e di
dipendenza dalla cocaina.
Miles Ahead,
scritto, diretto e interpretato da Don Cheadle è ambientato alla fine di questo
periodo di silenzio e si concentra su due giorni in cui Miles Davis viene
avvicinato da un giornalista di Rolling Stone (Ewan McGregor) che, nel
tentativo di ottenere uno scoop dal musicista, lo trascinerà in una miriade di
guai.
L’idea di entrare in un punto
preciso della vita di un’icona per tentare di raccontarne il prima e il dopo
era rischiosa, e solo un grande regista, appoggiato da un ottimo sceneggiatore,
avrebbe potuto ottenere un risultato almeno accettabile. Don Cheadle, alla sua
prima prova dietro la macchina da presa, purtroppo fallisce l’ambizioso
tentativo. Fallisce perché riduce la vita di Miles Davis a una serie di
tragicomiche avventure degne di un poliziesco con Chris Rock; fallisce perché non
riesce a costruire un collegamento tra la musica di Miles Davis e l’uomo. Todd Haynes,
in Io non sono qui, aveva costruito
sei Bob Dylan diversi per dare uno sguardo completo sulla persona e sull’opera;
Clint Eastwood, in Bird, si è preso
tre ore piene per raccontare la storia di Charlie Parker. Cheadle invece, vuoi
per mancanza di fondi o di idee, riduce il suo Miles Ahead a 100 minuti in cui ad essere evidenziati sono
solamente i lati bui di Davis: la tossicodipendenza, l’eterna lotta con la
propria casa discografica, il difficile rapporto con la moglie Frances Taylor. Miles Ahead prova a dire tutto, ma alla
fine non dice nulla e ha, come unico pregio, quello liberare il jazz dagli stereotipati
locali fumosi e salotti borghesi che il cinema aveva reso luoghi di reclusione
di un genere musicale che ha nella sua radice un senso di improvvisazione e
furia espressiva. Doti che sono mancate al simpatico Don Cheadle.