Los Angeles. Mia (Emma Stone) è
un’aspirante attrice che lavora come cameriera in un caffè. Sebastian (Ryan
Gosling) è un pianista jazz che si mantiene suonando nelle cover band e nei
piano bar costretto a svendersi suonando jingle natalizi.
L’inevitabile incontro tra i due
porterà l’amore, ma l’ostinazione nel cercare di realizzare i propri sogni
metterà in bilico la loro relazione.
Damien Chazelle, regista di
questo La La Land, è uno dei nomi di punta della Hollywood degli anni Dieci di
questo secolo. Trentaduenne, al terzo lungometraggio, Chazelle torna dopo
Whiplash del 2014, a dichiarare tutto il suo amore nei confronti del jazz. La
La Land è un musical hollywoodiano classico, in cui musica e danza sono i mezzi
che permettono a Chazelle di sviscerare tutto il suo virtuosismo e il suo
eclettismo con la macchina da presa. E il musical, ancora una volta, si
dimostra essere il genere cinematografico che garantisce libertà e inventiva pressoché
assoluta al suo regista. La La Land è un film impeccabile da un punto di vista
tecnico; ha fatto e farà scorpacciata di premi.
Chazelle, oltre che abile e
sapiente artigiano-artista della telecamera e del montaggio, dimostra di essere
anche sopraffino cinefilo, costellando la sua pellicola di evidenti richiami e
citazioni: c’è 8 ½ di Fellini, c’è Gioventù bruciata, ci sono Casablanca e
Ingrid Bergman, c’è Cantando sotto la pioggia. Insomma, si strizza l’occhio a
quella Hollywood che l’odierna Los Angeles pulita e colorata ripresa da
Chazelle vorrebbe richiamare; un’epoca cinematografica classica, basata su una
solida industria e su un forte star system.
Questo eccesso di nostalgia,
però, finisce con ridurre la sceneggiatura a una semplice struttura boy meets
girl, struttura che nel 2017 risulta stereotipata, ovviamente già vista e
persino noiosa. Se La La Land vuole gridare al pubblico americano e mondiale
che il musical è ancora vivo e lotta insieme a noi, dall’altro lato non riesce
a sviluppare o a trovare altre vie a forme narrative già esistenti quasi 90
anni fa.
Il dominio alla cerimonia dei
Golden Globes e il probabile bis agli Oscar, pongono dei dubbi sui metodi
utilizzati per giudicare la stagione cinematografica americana (per non dire mondiale):
è possibile che in questi 12 mesi non sia stato realizzato nessun film capace
di strappare a La La Land almeno un premio?