Stati Uniti. Alle elezioni presidenziali
del 1940 Franklin Delano Roosevelt, candidato per la terza volta consecutiva deve
fronteggiare il repubblicano Lindbergh, eroe della trasvolata sull’Atlantico
del 1927, fervido antisemita e filonazista. A sorpresa è proprio quest’ultimo a
vincere. Da questo momento gli Stati Uniti, non ancora intervenuti nel
conflitto bellico che sta distruggendo l’Europa, forniscono il proprio appoggio
alla Germania nazista di Hitler. L’incubo dell’antisemitismo e la paranoia che
travolgono il Paese è raccontato attraverso una famiglia ebrea di Newark, la
famiglia Roth.
Il complotto contro l’America appartiene pienamente al genere ucronico,
quel genere fantastico basato sulla premessa che la storia del mondo abbia
seguito un corso alternativo rispetto a quello reale. Philip Roth, però, al
contrario di Robert Harris in Fatherland
e Philp K. Dick in La svastica sul sole,
si allontana dalla fantapolitica vera e propria, e utilizza l’espediente
storico solamente come input per raccontare la quotidianità, radicalmente
stravolta, delle persone che animano il romanzo. Il complotto contro l’America è un piano dall’inclinazione quasi impercettibile,
in cui il popolo ebreo americano scivola lentamente nello stupore per un evento
inaspettato ed eccezionale, nel raccapriccio e sdegno, nella paura di essere in qualche modo toccato,
nella paranoia collettiva, e poi nella violenza. Roth riesce a cogliere ogni
sfumatura dell’agire umano, condizionato inesorabilmente dagli eventi che lo
tartassano. Con l’ascesa di Lindbergh, traballano i principi di egualitarismo e
di democrazia del Paese, le certezze di una nazione che si dimostrano
eccessivamente vulnerabili.
Il romanzo, uscito nel 2004,
vuole essere una velenosa allegoria di ciò che gli Stati Uniti sono diventati
dopo l’11 settembre sotto la presidenza Bush. Un Paese in preda alla paranoia,
alla paura del complotto, alla xenofobia. Una situazione che, paradossalmente,
si è ricreata con l’elezione di Donald Trump: la politica antisemita perseguita
da Lindbergh nel romanzo è perfettamente simmetrica alle dichiarazioni di Trump
contro il popolo musulmano e sull’ipotesi, che sta assumendo sempre più
concretezza, di costruire un muro al confine con il Messico.
Come il Presidente Lindbergh, ma
sfacciatamente più xenofobo, anche Trump si dimostra una clamorosa eccezione
sullo scacchiere politico nazionale e non, che si riflette nella vita
quotidiana del cittadino. Il complotto
contro l’America, dimostrandosi un romanzo paurosamente attuale, è un’immensa
metafora che ha l’obiettivo di riflettere sulla potenza che sono gli Stati
Uniti a livello globale, il Paese delle opportunità e dei sogni, condizionato
però dalla fragilità del suo sistema democratico, oggi come non mai, a rischio
di derive eccessivamente autoritarie.