Nel 1970, in un America consumata
dalle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, dal diffondersi del
movimento hippie e delle Black Panthers, dall’eroina e dalla messa in
discussione degli usi e costumi su cui si fondava la società statunitense,
Elvis Presley (interpretato da Michael Shannon) vorrebbe incontrare il
presidente Nixon (Kevin Spacey) per potersi mettere al servizio della patria
come agente sotto copertura e contribuire a ristabilire l’ordine fra le fasce
più giovani della popolazione.
Il fantomatico incontro su cui è
imperniato il film è avvenuto realmente nel dicembre del 1970. Una fotografia
storica e poco altro documentano l’evento. È su questo alone di mistero che da
sempre circonda questa eccezionale udienza (e la morte di Elvis del 1977) che
Liza Johnson sviluppa le personalità di The King e del presidente Nixon. Ne
esce un vero incontro di boxe; il ring è lo Studio Ovale della casa bianca. Si
sfidano due personalità fortissime: Elvis, che non è più il cantante che
scioglieva il pubblico femminile con i suoi movimenti pelvici, ma non è nemmeno
quella massa di lardo che diverrà negli anni appena precedenti la sua triste
morte, e Nixon, il vecchio cinico e opportunista, poco propenso all’entertainment
e alla cultura pop, ma lucidissimo nell’intravedere interessi politici nell’incontro
con la star del rock & roll.
Il tono scanzonato della
pellicola, poi, contribuisce rendere perfettamente paranoie, tic, paure e
follie di icone che appartengono alla storia americana e mondiale. Elvis &
Nixon diventa così un surreale ritratto di due uomini fatti di piccolezze e
debolezze, due leggende che il mondo di oggi (forse) non è più in grado di
regalarci.