Il quindicenne Shay vive a
Wanstead, periferia nord-orientale di Londra. Nonostante la sua giovane età,
Shay è costretto a occuparsi del padre (costretto al doppio lavoro di commesso
in un negozio di pianoforti e tassista notturno), della sorella minore, della
casa, dei debiti e dell’assenza della madre. È proprio quest’ultima che, da una
comune di Londra, gli spedisce una musicassetta con incisa Clash City Rockers. Siamo infatti nel 1978, l’Inghilterra è in mano
alla Thatcher e per le radio e i locali impazza il punk. Sarà proprio la
scoperta di questo stile che avvicinerà Shay alla capitale inglese, all’età
adulta… e a Joe Strummer.
London Town,
film britannico del 2016 di Derrick Borte, non vuole essere né un biopic sulla vita del cantante dei
Clash, Joe Strummer, né tantomeno il ripercorrere le tappe che hanno portato il
punk a essere il principale movimento sociale di quegli anni.
London Town
è piuttosto un classico film di formazione, un coming of age in cui il protagonista attraversa un viaggio fisico e
interiore, costretto dalla più che anomala famiglia a una crescita rapida. In
questo senso il film di Borte si dimostra abbastanza in linea con le
aspettative e con gli stilemi del filone, centrando anche un finale che strappa
un sorriso. Quello che però si percepisce, purtroppo, è una forte
superficialità; una grossolanità che si nota soprattutto nella ricostruzione
storica più che approssimativa. Il regista Borte, assieme allo sceneggiatore
Matt Brown, guidati da una sorta di dovere di cronaca, confeziona un film
cercando a tutti i costi di riportare tutti gli eventi storici di quel periodo.
È sicuramente un intento positivo che però si sfalda dopo pochi minuti quando,
sullo sfondo, si nota un furgone bianco sicuramente non appartenente a quegli
anni. Ecco, a London Town manca una
forma di coerenza e di compattezza. Al contrario di Sing Street o This is England
(due esempi di pellicole ambientate all’incirca in quegli anni) il film si
dimostra didascalico e nozionistico: mostra gli scioperi al governo britannico,
i tafferugli fra punk, poliziotti e skinhead, le comunità giamaicane di
Brixton. Tutto è presente nel film, ma tutto in forma farsesca, caricaturale,
eccessivamente stereotipata, come il Joe Strummer interpretato da Jonathan
Rhys-Meyers, un Gabibbo imbellettato con
la chitarra sempre pronta in spalla.