Daniel, Mark, Paul e Rico sono
quattro amici che vivono a Lipsia negli anni a cavallo della caduta del Muro.
La loro adolescenza è segnata dal mito dell’Occidente, un’illusione che dopo la
riunificazione trasformerà le loro vite in una disperata ricerca del brivido,
fatto di alcol, droga, risse e furti d’auto.
Eravamo dei grandissimi, pubblicato in Italia da Keller con la
traduzione di Roberta Gado e Riccardo Cravero a circa dieci anni dalla sua
uscita in patria, vuole essere una testimonianza dai tratti autobiografici del
suo scrittore Clemens Meyer, classe 1977, che in questo suo primo romanzo monta
i suoi capitoli non seguendo una linea temporale, ma preferendo invece una
costruzione basata sulla tensione.
Daniel il narratore, Mark il
tossicodipendente che morirà per l’eroina, il pugile Rico e Paul, sono i
testimoni della fine e del fallimento del regime comunista e della Repubblica
Democratica Tedesca. La città di Lipsia è il luogo del fallimento di una
nazione, uno stato che in 40 anni di storia non ha saputo creare una cultura
sociale, ma si è fatto schiacciare dal mito dell’Occidente, ripiegandosi di
fatto su se stesso e permettendo, dopo la riunificazione post-1989, l’invasione
incondizionata del capitalismo in tutti i suoi risvolti.
In una Lipsia che non è in grado
di distinguere il positivo e il negativo, i quattro amici si lasciano travolgere
dall’eroina, dalle discoteche, dal richiamo del sesso a pagamento, dai
combattimenti di strada, dalle risse, dai furti, dalle case occupate. È un
branco di giovani obbligati a crescere in una nuova terra, senza alcun valore e
senza poter riconoscere una reale guida nei propri genitori, già ampiamente
distrutti dall’alcolismo, e nelle autorità culturali.
Eravamo dei grandissimi è la storia di un’epoca, di persone
costrette a ciondolare e a ripiegare sulle tentazioni più meschine costruite
dal lato oscuro del capitalismo. Una generazione che, però, riesce a ritrovare
se stessa nell’amicizia, valore universale e collante che tiene unite le
persone nella condivisione dei sogni, nella speranza di una società nuova,
nella speranza nell’amore.
Come in Trainspotting, ma soprattutto come in Colla di Irvine Welsh, Meyer racconta l’esistenza di un gruppo di
amici testimoni e protagonisti di una generazione, personaggi incatenati a una
realtà contro la quale urlano e dalla quale cercano disperatamente di fuggire
immaginando un futuro migliore. Eravamo
dei grandissimi è la storia di
persone disperate, pazze di speranza e innamorate della vita.